RIDERE NON PASSA MAI DI MODA!

Uno dei ballerini italiani del Ballet Trokadero, il vicentino Alberto Pretto, ci ha gentilmente   rilasciato un’intervista post spettacolo.

Qual’è secondo te il segreto del vostro successo?

I nostri spettacoli essendo comici e anticonvenzionali sono adatti a grandi e piccoli, avvicinando le masse al teatro. Ridere non passa mai di moda!

Come sono le reazioni del  diverso pubblico nei vari paesi? Ridono sempre alle stesse gag?

Assolutamente no, questo è un fenomeno culturale molto interessante da osservare. Dipende dal tipo di pubblico che c’è in sala e dal loro background sociale. Per fare un esempio, quando la compagnia si è esibita al Teatro Bolshoi, essendo molti spettatori dei grandi conoscitori e appassionati di balletto classico, hanno riso molto di più per qualche esagerazione stilistica o cambiamenti coreografici e forse meno per i grossolani errori voluti.

Spesso però gli spettatori che sembrano apparentemente freddi, sono in realtà molto concentrati, dimostrando tutto il loro consenso negli inchini finali.

Il Giappone è in assoluto il paese che più vi acclama. Come te lo spieghi?

Dipende dalla loro cultura, dal fatto che già nel Kabuki si trovino soltanto uomini come performers e dalla loro passione per la danza. Le star del balletto che si esibiscono in Giappone vengono sempre idolatrate e vengono creati fans club che ci seguono ovunque.

Credi che il direttore dia più importanza alla parte tecnica o all’aspetto comico?

Entrambe hanno lo stesso valore, è questa la particolarità. Certo gli scherzi vengono studiati in ogni minimo dettaglio, ma anche la tecnica ha un rilievo fondamentale. Bisogna dire che c’è stata comunque una grande evoluzione dall’inizio della storia dei  Trocks dove forse si enfatizzava più l’ilarità, mentre oggi proveniamo tutti da accademie rinomate e compagnie internazionali.

Com’è stato il tuo percorso artistico?

Mi sono diplomato all’Accademie de Danse Classique Princess Grace di Monte Carlo e ho ballato in molte compagnie internazionali come l’English National Ballet e lo Stadttheater Koblenz in Germania prima di approdare a New York.

Quindi hai cominciato a ballare con le punte dopo una carriera avviatasi in modo tradizionale. É veramente così difficile e doloroso il lavoro sulle punte? A vedervi non si direbbe.

Ebbene sì, il lavoro sulle punte devo ammettere che è molto difficile e doloroso. Ci vuole una grande preparazione e per un maschio si tratta di una vera e propria sfida. Primo perchè solitamente cominciamo molto tardi (18-22 anni) rispetto alle ballerine (11 anni) e poi perchè abbiamo un approccio completamente diverso alla danza, dobbiamo calibrare la nostra forza e migliorare il controllo e l’assetto del nostro corpo per raggiungere un buono standard.

Essendo una compagnia composta da soli maschi com’è l’atmosfera? C’è più rivalità tra voi?

Sì c’è più competizione, tutti aspiriamo a fare gli stessi ruoli. Nonostante ciò però l’atmosfera è molto rilassata e amichevole. Passando una vita tra un aeroporto e l’altro ci sentiamo molto affiatati e questo facilita il saperci adattare ad ogni situazione, cultura o palcoscenico.

Non ci sono primi ballerini, c’è comunque una gerarchia interna?

Certo i ballerini che danzano qui da molto anni conoscono meglio lo stile e il repertorio rispetto ai nuovi arrivati.
Personalmente però non posso lamentarmi perchè, nonostante sia entrato in compagnia nel gennaio 2011, ho già ballato molti ruoli solistici come “Tarantella”, “Paquita” e “ The Dying Swan”.

Il vostro motto?

Gioco di squadra.

Sì, un gioco di squadra che sembra costantemente riportarci ad uno degli aforismi più amati dal web: “Per corrugare la fronte si mettono in movimento ben 65 muscoli, per sorridere soltanto 19. Allora almeno per economia… sorridiamo!
Non ci resta altro che fare un grande in bocca al lupo alla “squadra” più simpatica del panorama internazionale della danza.

Martina Angioloni